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Le “8R” del paesaggio – Parte terza

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In un recente articolo apparso su La Stampa, Vittorio Sabadin scrive: “tutte le grandi civiltà del passato credevano di durare in eterno, ed hanno invece subito prima o poi un collasso che le ha distrutte”. L’articolo fa riferimento ad uno studio finanziato dalla Nasa, basato su modelli matematici creati da ricercatori di una nuova disciplina chiamata “Handy” (Human and Nature Dynamics), che dimostrerebbe come il nostro mondo, così come lo conosciamo, sia ormai vicino la crollo.

I fattori che nel passato hanno determinato la caduta delle grandi civiltà in ogni continente (dall’impero romano, ai Maya, fino alle dinastie Han in Cina) secondo gli studiosi sono sostanzialmente cinque: popolazione, clima, acqua, agricoltura, energia. “Fino a che stanno in equilibrio, la civiltà prospera. Quando l’equilibrio si spezza senza essere rapidamente ripristinato, comincia il decadimento. Il collasso avviene se si verificano due condizioni sociali precise, purtroppo già fortemente presenti nella nostra civiltà: l’impoverimento delle risorse disponibili e la stratificazione della società tra un gruppo formato dalle élite e un altro dalla massa di gente comune” (Vittorio Sabadin, Civiltà al collasso. Così fan tutte, La Stampa, 20 marzo 2014).

NASA-funded study: industrial civilisation headed for 'irreversible collapse'?

NASA-funded study: industrial civilisation headed for ‘irreversible collapse’?

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Dimissioni per la decrescita

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Dimissioni è sicuramente una delle parole che più ha caratterizzato il 2013.

In questo difficile anno,c’è chi si è dimesso perché non più all’altezza della situazione, per un desiderio di autolimitazione di fronte ad un compito che sembrava diventato troppo grande per le proprie forze; chi si è dimesso per aver superato ogni limite di credibilità provando a smacchiare un giaguaro, e chi si è dimesso per un desiderio smodato di illimitatezza, di superamento di qualsiasi regola, di qualsiasi limite imposto alle ambizioni proprie e del proprio capo.

Le dimissioni sono spesso una rinuncia, possono essere imposte oppure scelte, così come possono mandare via, lasciare andare o portare altrove (dal latino dimittĕre). Talvolta si configurano anche come una rivendicazione, una protesta.

Torna in mente in questo caso Henry David Thoreau,  che nel suo famoso saggio “Disobbedienza civile” scriveva:  “se vuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni”.

Dimissioni (Altan)

Dimissioni (Altan)

Thoreau parlava allora della necessità di obiezione, di ribellione non violenta verso leggi ingiuste, che non rispettavano i diritti civili.

Latouche ha recentemente scritto, riguardo alla necessità di ribellarsi alla follia e all’ingiustizia di una crescita infinita, sottolineando l’opportunità di ritrovare il senso del limite, a livello individuale, ma ancor più a livello collettivo.

Due atteggiamenti che presentano molti punti di contatto e che uniti possono svelare una  rivoluzionaria potenzialità: le dimissioni come strumento di protesta pacifica, di autolimitazione, di decrescita civile.

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La bicicletta e l’arte di pensare…anche al paesaggio

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Athos è un amico, da sempre. Il suo ultimo libro “La bicicletta e l’arte di pensare. Cicloturismo filosofico in Val d’Orcia”, (edizioni Effegi)  l’ho letto perché me lo ha regalato, e perché si leggono sempre i libri degli amici. Ma poi è successo qualcosa.

Come una lenta salita in bicicletta, la lettura mi ha appassionato, tramutando lo sforzo di entrare in me stessa (e di pormi domande da tempo sopite), nella soddisfazione di mettermi in discussione, di intravedere risposte, come quando “un bel panorama o un nuovo incontro premiano la fatica del ciclista”.

Il libro è molte cose insieme: un “giro ciclistico intorno all’uomo”, un appassionato dialogo con molti dei più grandi filosofi e pensatori, una guida anomala, ma indiscutibilmente originale, della Val d’Orcia.

Non è decisamente un libro sul paesaggio, eppure l’autore parte spesso da questo, e a questo ritorna, nelle sue divagazioni sul “mistero umano, con i suoi pensieri da scalare, le sue paure da percorrere, i suoi tortuosi sentimenti da visitare”.

Ma questo non parlare di paesaggio o meglio di parlarne dal di fuori, offre importanti spunti di riflessione a chi voglia coglierli, forse proprio perché non intenzionali, o perché riferiti ad un universo più ampio.

Castiglioni (177)

(Foto di Athos Turchi)

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