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La fine del mondo e la politica della felicità

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Oggi, nel giorno della presunta fine del mondo, l’Occidente ha perso l’ennesima occasione di porsi in ascolto di culture altre.

Ha preferito lasciarsi andare all’isteria, oppure tentare di distorcere, ridurre a folklore o deridere la cultura Maya, senza preoccuparsi di approfondire la saggezza ancestrale che lega questo popolo alla natura e al proprio ambiente; o la concezione ciclica del tempo, che vede nell’ Oxlajuj B’ak’tun la fine di un periodo oscuro e l’inizio di un ciclo di luce di 5.125 anni, che segnerà il rifiorire della conoscenza, delle arti, della cultura e della spiritualità dei Maya, e forse di tutto il mondo.

L’inizio della nuova era, che si è compiuto oggi 21 dicembre 2012 con la nascita del sole, rappresenta infatti secondo i Maya “il tempo per rafforzare la saggezza ancestrale, la pratica e la ricerca permanente dell’equilibrio; un momento di trascendenza, per elevare la coscienza degli esseri umani e riconoscerci come tali, per raggiungere l’intesa collettiva”, e per “fare in modo che l’essere umano sia davvero umano, in equilibrio con il cosmo e la Madre Terra” (Consejo Del Pueblo Maya De Occidente “Por la defensa de la vida y el territorio”, 30 novembre 2012).

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Dieta mediterranea contro lo stress: ozio, lentezza, nostalgia…e downshifting

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Di ritorno dalle vacanze siamo tutti più rilassati, un poco rallentati, spesso appesantiti. E’ il momento giusto per decidere di mettersi a dieta: cogliere l’attimo in cui la nostra mente non è stata ancora completamente riassorbita dalla frenesia del lavoro, per riflettere su come fare a mantenere lo stato di lento benessere raggiunto faticosamente dopo giorni di dolce-far-niente.

Christoph Baker è il dietologo che fa per noi, e ci prescrive un “decalogo mediterraneo” per recuperare la “dimensione conviviale” della nostra vita e ripensare le nostre priorità, consigliandoci come principali ingredienti, la lentezza, l’ozio e la nostalgia. Originario della svizzera, dopo essersi trasferito a Roma, è stato conquistato dalla vita mediterranea, traendo da essa l’ispirazione per teorizzare una vita “leggera”,  in fuga dalle convenienze e da un sistema che ci vuole insoddisfatti cronici, che ci spinge  a guadagnare, per poterci far spendere, a  iper-alimentarci per poi chiederci di dimagrire (C. Baker, Ozio lentezza e nostalgia. Decalogo mediterraneo per una vita più conviviale, 2006)

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Cantieri di decrescita urbana

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La definizione di sviluppo sostenibile contenuto nel rapporto Brundtland del 1987 è: “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.

Nella nostra economia di mercato, però, l’insoddisfazione permanente del consumatore è condizione necessaria alla continuità della produzione. E’ cioè indispensabile che i beni prodotti e acquistati dalle persone siano immediatamente riconosciuti come superati, vecchi, arretrati, così che i desideri siano percepiti nuovamente come disattesi.

Parlare di sostenibilità all’interno di una società dei consumi appare quindi, sempre più chiaramente, una contraddizione in termini.

Per tentare di superare l’ossimoro costituito dall’accostamento dei termini sviluppo e sostenibilità, (che ricorda in maniera inquietante quelli di guerra pulita o di bombe intelligenti), Serge Latouche ha sviluppato l’idea di decrescita.

Ad una decrescita necessaria, inevitabile, subìta che si profila inesorabile al nostro orizzonte, egli contrappone infatti la scelta condivisa di una a-crescita, che non rifiuta la tecnologia, ma spinge a ridefinire le priorità, mettendo al centro i concetti di cura e di responsabilità individuale.

 

Una utopia concreta che si propone di superare le logiche del PIL e della produzione e “di reinventare un’altra idea di bellezza che ci porti a vedere le città, il territorio, i paesaggi, le comunità umane in modo differente”.

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