Archivi categoria: Rilocalizzare

Le “8 R” del paesaggio – Parte Seconda

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“Fra la cultura (o la civiltà) di una popolazione ed il paesaggio in cui essa vive esiste uno stretto rapporto biunivoco.  Un paesaggio genera una cultura che, nel tempo,  induce in esso modifiche sostanziali, al punto che il nuovo paesaggio influisce significativamente sulla cultura che l’ha modificato, determinandone una variazione” (Valerio Romani)

Questo, in altre parole, significa che il paesaggio del nostro futuro dipende in gran parte da noi, dalla cultura che oggi promuoviamo, dalla civiltà che scegliamo di costruire.  Contemporaneamente, però, quello che saremo, dipenderà anche dai paesaggi che abiteremo.

Non siamo infatti solamente produttori di paesaggio, ma siamo anche il prodotto delle nostre scelte, delle conseguenze che da esse derivano, dei luoghi che esse generano.

Ambrogio Lorenzetti Effetti del Buon Governo in campagna(1338-1339)

Ambrogio Lorenzetti Effetti del Buon Governo in campagna(1338-1339)

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Spazi aperti alla crisi. Nuovi paesaggi di decrescita urbana

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Da decenni l’urbanistica sta cercando di fare i conti con la cronica mancanza di spazi aperti in ambito urbano, incapace di abbandonare realmente una stagione funzionalista interessata più a occupare il territorio, che a dare spazio .

Oggi la crisi che stiamo vivendo ha sferrato un ulteriore colpo ad un altro aspetto legato allo spazio aperto: quello relativo al suo essere “pubblico”, inteso sia nell’accezione di servizio garantito alla cittadinanza attraverso risorse pubbliche, sia di luogo della comunità, aperto a tutti.

La crisi finanziaria e la relativa mancanza di risorse, a cui si legano conseguentemente una scarsa manutenzione, l’abbassamento della qualità, e l’aumento dell’insicurezza sembrerebbero dunque avere già scritto il requiem per lo spazio pubblico, travolto dall’impossibilità/incapacità delle amministrazioni di gestire, mantenere e valorizzare il proprio patrimonio, così come di immaginare e progettare il suo futuro.

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Design Revolution: progettare per il resto del mondo

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Secondo il rapporto delle Nazioni Unite “The Challenge of Slums”, nel 2001 quasi un miliardo di persone nel mondo (cioè una ogni sei) viveva in uno slum o in un campo profughi. Oggi quel numero è salito a una persona ogni sette ed è, probabilmente, destinato a crescere.

L’ultimo Rapporto sullo sviluppo umano, ha inoltre evidenziato che il divario tra ricchi e poveri continua a salire, e che quasi la metà della popolazione mondiale vive in condizioni di povertà; un quinto di questa nella povertà più assoluta.

Persone nel mondo che vivono negli slums (Fonte: UN-HABITAT)

Le riflessioni che questi dati inducono sono indubbiamente molte. Ma per chi si occupa, in varie forme, di progettazione, emerge un fatto decisamente chiaro, quanto sconcertante: architetti, planner e designer indirizzano la quasi totalità delle ricerche e della propria azione progettuale verso i bisogni di una minoranza della popolazione mondiale, mentre la stragrande maggioranza degli esseri umani continua a vivere, ignorata, in agglomerati senza servizi e infrastrutture primarie, in case senza spazio, igiene e sicurezza, privi delle risorse minime per acquistare un qualsiasi prodotto.

Bangalore slum, India (http://www.googlemonopoly.eu)

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Le donne (rurali) salveranno il mondo?

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Non è un paese per donne?

Mentre in Italia i giornali si riempiono di gossip su escort, reali e presunte, e le piazze si affollano di proteste contro il quotidiano svilimento della dignità femminile, nel mondo le donne sono attualmente oggetto di tutt’altro tipo di attenzione. La crisi economica e ambientale le ha poste al centro di un nuovo interesse, che riconosce loro il ruolo di catalizzatore nella soluzione dei problemi della fame e della povertà  e nel miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.

E non si tratta di donne imprenditrici, di personalità politiche o di amministratrici: il motore del cambiamento sono le “donne rurali”, che un rapporto della Banca Mondiale indica come le odierne paladine della lotta alla povertà e agli squilibri ambientali, per il prezioso contributo che esse apportano da sempre nel campo della sicurezza alimentare, dello sviluppo delle aree rurali e della conservazione della biodiversità in ogni angolo del Pianeta.

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