Archivio mensile:febbraio 2011

Andamento lento. Contro la “tirannia dell’effimero”

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“C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. (…) Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità  è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”

Milan Kundera, La lentezza

 

E’ questo forse lo stesso legame che unisce le nostre “vite di corsa” e il consumo frenetico, evidenziato da Zygmunt Bauman in un suo recente saggio. L’arcano motivo che ci spinge a percorrere sempre più velocemente la strada che va dal negozio al cassonetto dei rifiuti, completamente soggiogati dalla “tirannia dell’effimero”.

La vita dedita al consumo, infatti,  è “una vita a rapido apprendimento fulmineo oblio, sprecata nella  ricerca spasmodica di arrivare per primi al futuro, attraverso il possesso degli oggetti.

Ma “chi non controlla il presente non può sognarsi di controllare il futuro” conclude il suo saggio Bauman.

La Quinta Giornata Mondiale della Lentezza, in programma lunedì 28 febbraio 2011, ci invita a riflettere  su  questo tema, evidenziando i danni economici, ambientali, sociali e culturali provocati da una vita di corsa e invitando le persone a fare un buon uso del proprio tempo e a vivere in armonia con l’ambiente.

 

 

Locandina della Quinta Giornata Mondiale della Lentezza

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Le donne (rurali) salveranno il mondo?

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Non è un paese per donne?

Mentre in Italia i giornali si riempiono di gossip su escort, reali e presunte, e le piazze si affollano di proteste contro il quotidiano svilimento della dignità femminile, nel mondo le donne sono attualmente oggetto di tutt’altro tipo di attenzione. La crisi economica e ambientale le ha poste al centro di un nuovo interesse, che riconosce loro il ruolo di catalizzatore nella soluzione dei problemi della fame e della povertà  e nel miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.

E non si tratta di donne imprenditrici, di personalità politiche o di amministratrici: il motore del cambiamento sono le “donne rurali”, che un rapporto della Banca Mondiale indica come le odierne paladine della lotta alla povertà e agli squilibri ambientali, per il prezioso contributo che esse apportano da sempre nel campo della sicurezza alimentare, dello sviluppo delle aree rurali e della conservazione della biodiversità in ogni angolo del Pianeta.

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Sharedearth.com, il più grande community garden del pianeta

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La seconda “R” messa in campo dal programma di decrescita di Latouche è “riconcettualizzare”, tappa fondamentale per ripensare  e ridefinire  molti dei valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo le nostre vite.

In particolare, dice Latouche, è necessario decostruire con la massima urgenza il binomio rarità/abbondanza, concetto fondante dell’immaginario economico, perché “l’economia trasforma l’abbondanza naturale in rarità con la creazione artificiale della mancanza e del bisogno attraverso l’appropriazione della natura e la sua mercificazione”.

Accade oggi per l’acqua, per gli OGM, per la terra e….per i giardini!

Moltissime persone infatti nelle nostre città ormai prive di verde e di spazi aperti vorrebbero un giardino, dove coltivare, sperimentare e dare sfogo al proprio pollice verde. D’altro lato invece ci sono forse altrettanti proprietari (privati e pubblici) che non sanno o non possono occuparsi del proprio giardino e hanno bisogno di pagare persone che lo curino e lo mantengano.

Una domanda e una offerta che non si sono mai incontrate in un  meccanismo politico, economico e amministrativo che ha separato il territorio dalle comunità residenti per immetterlo nel mercato.

Ma rivedendo i valori, “riconcettualizzando” le situazioni, spostando i punti di vista è forse possibile fare un passo verso una economia partecipativa, dove l’unione fa la forza e ritrovarci tutti un po’ meno egoisti e un po’ più ricchi

In tema di orticoltura  http://www.sharedearth.com/ è il sito dove scambio e condivisione sono le parole d’ordine messe in campo per realizzare il più grande giardino condiviso del pianeta.

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Cantieri di decrescita urbana

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La definizione di sviluppo sostenibile contenuto nel rapporto Brundtland del 1987 è: “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.

Nella nostra economia di mercato, però, l’insoddisfazione permanente del consumatore è condizione necessaria alla continuità della produzione. E’ cioè indispensabile che i beni prodotti e acquistati dalle persone siano immediatamente riconosciuti come superati, vecchi, arretrati, così che i desideri siano percepiti nuovamente come disattesi.

Parlare di sostenibilità all’interno di una società dei consumi appare quindi, sempre più chiaramente, una contraddizione in termini.

Per tentare di superare l’ossimoro costituito dall’accostamento dei termini sviluppo e sostenibilità, (che ricorda in maniera inquietante quelli di guerra pulita o di bombe intelligenti), Serge Latouche ha sviluppato l’idea di decrescita.

Ad una decrescita necessaria, inevitabile, subìta che si profila inesorabile al nostro orizzonte, egli contrappone infatti la scelta condivisa di una a-crescita, che non rifiuta la tecnologia, ma spinge a ridefinire le priorità, mettendo al centro i concetti di cura e di responsabilità individuale.

 

Una utopia concreta che si propone di superare le logiche del PIL e della produzione e “di reinventare un’altra idea di bellezza che ci porti a vedere le città, il territorio, i paesaggi, le comunità umane in modo differente”.

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